terça-feira, 24 de setembro de 2013

Pier Paolo Pasolini: “Non considero niente di più feroce della banalissima televisione”


[…] Secondo me la televisione è più forte di tutto questo: e la sua mediazione, ho paura che finirà per essere tutto: il Potere vuole che si parli in un dato modo […] ed è in quel modo che parlano gli operai, appena abbandonano il mondo quotidiano, famigliare o dialettale, in estinzione. In tutto il mondo ciò che viene dall’alto è più forte di ciò che si vuole dal basso…Non c’è parola che un operaio pronunzi in un intervento che non sia “voluta” dall’alto. Ciò che resta originario nell’operaio è ciò che non è verbale: per esempio la sua fisicità, la sua voce, il suo corpo.

[…] La ferocia era terribile e all’antica (i campi di concentramento nell’Urss, la schiavitù delle “democrazie” orientali, l’Algeria). Questa ferocia all’antica, naturalmente, permane… Ma oltre a questa vecchia ferocia c’è la nuova ferocia che consiste nei nuovi strumenti del Potere: una ferocia così ambigua, ineffabile, abile, da far sì che ben poco di buono resti in ciò che cade sotto la sua sfera. Lo dico sinceramente: non considero niente di più feroce della banalissima televisione.


[…] Io, da telespettatore, la sera prima e un’ infinità di sere prima - le mie sere di malato - ho visto sfilare, in quel video in cui essi erano ora […] un’infinità di personaggi: la corte dei miracoli d’Italia - e si tratta di uomini politici di primo piano… Ebbene, la televisione faceva e fa, di tutti loro, dei buffoni: riassume i loro discorsi facendoli passare per idioti -col loro sempre tacito beneplacito ?- oppure, anziché esprimere le loro idee, legge i loro interminabili telegrammi: non riassunti, evidentemente, ma ugualmente idioti: idioti come ogni espressione ufficiale. Il video è una terribile gabbia che tiene prigioniera dell’Opinione Pubblica -servilmente servita per ottenere il totale servilismo- l’intera classe dirigente italiana.

[…] Tutto viene presentato come dentro un involucro protettore, col distacco e il tono didascalico con cui si discute di qualcosa già accaduta, da poco magari, ma accaduta, con l’occhio del saggio -o chi per lui- contempla nella sua rassicurante oggettività, nel meccanismo che, quasi serenamente e senza difficoltà reali, l’ha prodotta.


[…] In realtà nulla di sostanziale divide i “comunicati” della televisione da quelli dell’analoga comunicazione radiofonica fascista. L’importante è una sola cosa: che non trapeli nulla di men che rassicurante. L’ideale piccolo-borghese di vita tranquilla e perbene (le famiglie giuste non devono avere disgrazie) si proietta come una specie di film implacabile in tutti i programmi televisivi e in ogni piega di essi. Tutto ciò esclude i telespettatori da ogni partecipazione politica - come al tempo fascista: c’è chi pensa per loro, e si tratta di uomini senza macchia, senza paura, e senza difficoltà neanche casuali e corporee. Da tutto ciò nasce un clima di Terrore. Io vedo chiaramente il terrore negli occhi degli annunciatori e degli intervistati ufficiali: non va pronunciata una parola di scandalo, praticamente non può essere pronunciata una parola in qualche modo vera.


— Pasolini, da “La Voce di Pasolini” di Mario Sesti e Matteo Cerami.

 

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